Crescentine o tigelle? Una disputa che vede contrapposta la città delle Due torri e quella della Ghirlandina e che taglia a metà i territori che si trovano tra le due, proprio come quello in cui ci troviamo noi.
Proviamo in questo articolo a risolvere la questione una volta per tutte, ben sapendo però che, al di là delle risposte concrete, ognuno di voi continuerà a chiamare questo delizioso prodotto lievitato emiliano come ha sempre fatto, che sia corretto o no.
Perché il cibo ha sempre molto a che fare con tradizioni, legami familiari, affetti ed emozioni e non solo con ricette, tecnicismi e ricostruzioni storiche.
Le crescentine / tigelle sono delle piccole “focaccine” salate, un prodotto lievitato che potrebbe essere inserito nella macrocategoria di quelli che possono venire definiti “flatbreads” ovvero pani “piatti” che esistono nelle più svariate tipologie (rimanendo in Emilia-Romagna ad esempio possiamo citare la piadina) e nelle più disparate zone del mondo (pensiamo al pane arabo!).
Questi deliziosi panificati, ottimi accompagnati a salumi e formaggi delle nostre zone, vengono, come dicevamo in apertura, chiamati “tigelle” nel bolognese e “crescentine” nel modenese e soprattutto nelle aree montanare dell’Appennino situate tra le due province.
E’ proprio montanara l’origine di questo cibo, che secondo alcuni risale addirittura all’antica Roma, quando venivano cotte tra supporti di terracotta. L’equivoco sul nome nasce proprio da questi utensili utilizzati per la cottura che, nella versione più moderna, sono fatti di metallo e si chiamano proprio “tigelle”.
L’impasto (contenente acqua, farina, sale, lievito e, in alcune versioni, latte, panna e / o strutto) veniva diviso in piccole palline posizionate tra questi ferri che le pressavano e distribuivano uniformemente e lentamente il calore, proveniente da caminetti o stufe a legna.
Ecco che nel bolognese, allora, erroneamente e per estensione, si è cominciato a chiamare “tigella” il delizioso risultato dell’operazione e non l’utensile stesso.
Per aggiungere confusione poi, nel capoluogo regionale spesso la parola “crescentine” (ovvero il corrispettivo modenese per “tigelle”) viene utilizzata per indicare il gnocco fritto.
Attualmente è molto raro che venga utilizzato il procedimento di cottura tradizionale, che sicuramente conferisce alla preparazione un gusto e una fragranza particolari. La modalità più diffusa oggi prevede la classica tigelliera di ghisa con 4 o 7 “spazi” in cui infilare le porzioni di impasto e un manico con cui girarla per utilizzarla direttamente sui fornelli da entrambi i lati, alternati.
Oppure, molto comode sono anche le tigelliere elettriche che, solitamente utilizzando una piastra di cottura fatta in pietra refrattaria, permettono di preparare un numero di crescentine più elevato ad ogni “infornata”.
Ad ogni modo, sia che utilizziate la parola “tigelle” sia che preferiate“crescentine”, sia che il vostro cuore sia di colore rosso blu o giallo canarino, il gusto di questa preparazione è imperdibile. Anche perché si adatta perfettamente a serate di convivialità e divertimento da passare anche in gruppi più numerosi e da vivere senza fretta.
Tra prosciutto, salame, pancetta, coppa, ciccioli… Formaggi morbidi o più stagionati. Lardo e pesto, nella versione cotta o cruda. E poi, per finire in bellezza, tra gustose marmellate o creme dolci. Ovviamente accompagnate da un perfetto vino di zona, come Lambrusco o Pignoletto.
Vi abbiamo fatto venire l’acquolina in bocca? Prenotate subito una serata da noi, all’insegna di crescentine e gnocco fritto!